C’era una volta, ma non molto tempo fa, un mostro che arrivò a Castle Rock, nel Maine. […]Non era un lupo mannaro o un vampiro o un mangia cadaveri o qualche indomabile creatura di una foresta incantata o delle nevi eterne. Era solo un agente di polizia che si chiamava Frank Dodd e aveva disturbi mentali e sessuali. Un uomo buono, di nome John Smith, scoprì la sua identità con una magia, ma prima d’essere catturato Frank Dodd si uccise e forse fu meglio così.
Quando ho chiuso l’ultima pagina del romanzo mi sono sofferta a pensare su quanto geniale sia Stephen King: quello che avevo appena letto era la storia di un semplice cane attaccato da un pipistrello che gli infetta la rabbia, rendendolo aggressivo e assettato di sangue. L’enorme San Bernardo non riesce a gestire la sua malattia seminando terrore e morte nella cittadina di Castle Rock.
A voler semplificare, quella di Cujo è dunque la storia di un cane con la rabbia ma come lo racconta King è un romanzo del terrore doc. Una paura generata non da esseri soprannaturali ma da un cane in carne ed ossa, e inevitabile sorge la domanda: può accadere davvero? Posso ritrovarmi anche io in quella situazione? Ed è questo il bello della scrittura di Stephen King.
E il tempo passò. Cinque anni.
Il mostro non c’era più, il mostro era morto. Frank Dodd diventava polvere nella bara.
Solo che il mostro non muore mai. Lupo mannaro, vampiro, mangia cadaveri, innominabile creatura dei boschi o ghiacciai, il mostro non muore mai.
Tornò a Castle Rock nell’estate del 1980.
CUJO
di Sthepen King
Editore:Pickwick
Anno 1ª edizione: 1981
378 pagine
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Da docile animale domestico Cujo diventa l’incarnazione del male al quale è difficile sottrarsi, proprio perché quel cane – nonostante la sua mole – era stato sempre molto buono e affettuoso. Da lui non ci si aspetta neppure un lieve ringhio, ecco perché attacca indisturbato e le sue vittime difficilmente riescono a sopravvivere. Ma Donna e suoi figlio Tad di quattro anni riesco a tenergli testa restando però intrappolati nella loro auto per quasi due giorni. Impossibile per loro abbandonare l’auto e cercare aiuto perché Cujo è in agguato pronto a ghermirli al primo suono della portiera che cigola.
A Castle Rock si accorgono della loro scomparsa solo molto tempo dopo dando avvio ad una serie di circostanze, incidenti e malintesi che allontanano i protagonisti e la polizia dalla verità.
Alla conclusione del romanzo si arriva con lentezza, senza fretta, sotto lo sguardo di Cujo che attende il suo momento.
«Vuole me»,, sussurrò fra le labbra ustionate. Era vero. Per ragioni decretate dal Fato o per incomprensibili motivi tutti suoi, quel cane voleva lei.
Quando era caduto nella ghiaia, aveva davvero creduto che stesse morendo. Nessuna creatura vivente avrebbe potuto sopravvivere ai colpi che gli aveva inferto con la portiera. Nemmeno il suo mantello folto lo aveva difeso da quelle botte. Un orecchio gli era rimasto appeso al alto della testa per un sottile filamento.
Eppure si era rimesso sulle zampe, a poco a poco. Donna aveva stentato a credere ai propri occhi…non aveva voluto credere ai propri occhi!
Sebbene in alcune parti il romanzo si dilunga, a mio parere, eccessivamente è stata una lettura che mi ha tenuta incollata alla pagine: volevo sapere come andava a finire. Per questo Cujo si legge con avidità e nel giro di poche ore/giorni si scopre quale sorte spetta all’imponente San Bernardo di Castle Rock.
Ancora una volta Sthepen King ha mostrato la sua bravura rendendo una storia “semplice”, comune, che nulla ha di soprannaturale, un perfetto romanzo del terrore.
Consigliatissimo!
Non aveva mai voluto uccidere nessuno. Gli era successo qualcosa, era stato colpito dal destino, forse, o solo da una malattia degenerativa del sistema nervoso che si chiama idrofobia. Non aveva potuto scegliere liberamente.
Letto, gustato. Tremato…
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