“LA FIGLIA DELLA FORTUNA” di Isabel Allende | recensione

Tutti nascono con qualche talento speciale ed Eliza Sommers scoprì presto di possederne due: un buon naso e una buona memoria. Il primo le servì per guadagnarsi da vivere e il secondo per potersene ricordare, se non con precisione, almeno con la poetica vaghezza degli astrologi.

Ho scelto di continuare a scoprire Isabel Allende con un romanzo che insieme a La casa degli spiriti e a Ritratto in seppia forma una trilogia che può essere letta senza nessun ordine. Ciò che infatti accomuna questi romanzi sono la presenza di determinati personaggi, l’intercciarsi di alcune storie e, ovviamente, l’ambietazione.


la figlia della fortuna isabel allendeLA FIGLIA DELLA FORTUNA
di Isabel Allende

Feltrinelli| 333 pagine | 1ª edizione: 1999
Titolo originale: Huja De La Fortuna

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Voto
★ ★ ★ ★ ★


La figlia della fortuna è un romanzo che abbraccia un arco temporale molto lungo – dal 1843 al 1853 – e uno spazio che va dal Cile alla nascente San Francisco per raccontare la storia di Eliza Sommers e della sua famiglia. Eliza è un orfanella che la famiglia Sommers rinviene davanti alla porta di casa e della quale Miss Rose decide immediatamente di occuparsene. A nulla valgono le timide opposizioni dei fratelli Jeremy e John che accettano incondizionatamente quel nuovo membro della famiglia.
Miss Rose – una giovanissima donna che a causa di un vecchio scandalo ha deciso di rinunciare al matrimonio – insieme alla governante Mama Fresia, decide di dedicare la sua vita alla piccola Eliza crescendola ed educandola come sua figlia.

La bambina crebbe tra la stanza del cucito e i cortili sul retro, parlando inglese in una parte della casa e un miscuglio di spagolo e araucano – la lingua indigena della sua tata – nell’altra, vestita e calzata come una duchessa in certi giorni e in altri scalza e coperta appena da un grembiule da orfana a giocare con i cani e le galline.

La vita all’interno della casa e della famiglia Sommers trascorre tranquilla fino ai primi accenni di adolescenza di Eliza quando, in un venerdì di maggio del 1848, scopre l’amore quando il giovane Joaquín Andieta – che lavora per lo zio Jeremy – effetua delle consegne a casa Sommers. Il colpo di fulmine tra i due giovani scatta al primo sguardo dando inizio ad una storia d’amore tanto appassionata quanto segreta. Le notti d’amore s’interrompono quando il giovane Joaquín decide di partire seguendo il richiamo della febbre dell’oro che in quegli anni stava incendiando e popolando la California. La sua partenza viene presentata ad Eliza come la possibilità, a basso costo, di potersi arrichire, cambiare la posizione sociale ed economica e poterla finalmente sposare una volta tornato a Valparaíso.
Joaquín parte lasciando Eliza distrutta dal dolore e spaventata per la scoperta di essere incinta. Questa nuova condizione – ovviamente taciuta a tutta la famiglia – segna il suo passaggio all’età adulta e sembra rafforzare il suo amore per il giovane contadino. Forte di questo amore, armata di pochi vestiti e di qualche gioiello utile per poter essere scambiato, Eliza s’imbarca a sua volta per l’America grazie all’aiuto di un altro personaggio che avrà un ruolo di rilievo nelle pagine successive, il medico cinese Tao Chi’en.

Molti anni dopo, davanti alla testa di un uomo conservata in un fiasco di gin, Eliza avrebbe ricordato quel primo incontro con Joaquín Andieta e avrebbe nuovamente provato la stessa insopportabile angoscia. Si sarebbe chiesta mille volte nel corso del suo cammino se avesse avuto la possibilità di fuggire da quell’opprimente passione destinata a piegarle la vita; se in quei brevi istanti fosse stato forse possibile girarsi e salvarsi, ma ogni volta che avrebbe formulato questa domanda sarebbe giunta alla conclusione che il suo destino era stato tracciato fin dall’inizio dei tempi.

Quando si legge un romanzo di Isabel Allende , soprattutto dopo averne letti un pò della stessa scrittrice, si ha l’impressione di leggere un pò ” le stesse cose” e in parte è vero perchè la vita personale dell’Allende costituisce un tutt’uno con la storia dei suoi innumerevoli personaggi. Per questo anche ne La figlia della fortuna c’è il Cile, il suo amato Cile, terra natia ricca di tradizioni, storia, leggende che danno alla scrittrice la possibilità di creare sempre nuove storie che si somigliano, si incastrano alcune volete, ma sempre diverse, sempre una più sorprendente ed affascinante dell’altra.
La storia di Eliza  ricorda molto l’esperienza dell’esilio vissuta da Isabel Allende che la porta a viaggiare molto e a decidere di raccontare il suo amore per quella terra così lontana.
Eliza come Isabel approda in America, da secoli considerata la terra delle seconde opportunità, dove a chiunque viene offerta la possibilità di rimettersi in gioco e di costruirsi un futuro libero da qualsiasi pregiudizio e vincolo.

Era partita dal Cile con il proposito di ritrovare l’amante e di diventare per sempre sua schiava, credendo che così avrebbe placato la sete di sottomisione e il recondito anelo al possesso, ma ora non si sentiva più in grado di rinunciare a quelle giovani ali che stavano iniziando a crescerle sulle spalle.

Ho amato molto questo romanzo perchè mi ha ricordato  le atmosfere e le emozioni provate con La casa degli spiriti con il quale conobbi la scrittrice. Mi sono sentita a casa, tra mure di carta dalla scrittura familiare e confortevole che mi hanno permesso di riscoprire quella Allende che piace tanto a me, lei che racconta storie nelle storie fitte di personaggi che a loro volta avrebbero altre mille storie da raccontare.
Se ancora non conoscete Isabel Allende o volete – come me, continuare a conoscerla – non perdetevi questo meraviglioso romanzo.

Cercava di ricordare i sentimenti che l’avevano spinta a imbarcarsi in quella terribile avventura, ma non ci riusciva. La donna in cui si era trasformata aveva ben poco a che fare con la ragazzina in preda alla follia di prima.

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