Rimandare la lettura di un libro che tanto si desidera ha un risvolto negativo: si creano intorno ad esso troppe aspettative e può capitare, come in questo caso, che il libro non incontri più il nostro gusto.
Trilogia della città di K è stato il libro del mese di Febbraio del gruppo di lettura LiberTiAmo e sono stata molto felice di aver avuto, finalmente, l’occasione di leggerlo. Le prime 30 pagine sono scivolate via come l’olio introducentomi in una storia coinvolgente ed interessante, per poi perdersi definitivamente verso un finale che mi ha lasciato piena di domande.
Ma andiamo con ordine.
Arriviamo nella città di k. Abbiamo viaggiato tutta la notte. Nostra madre ha gli occhi arrossati. Porta una grossa scatola di cartone, e noi due una piccola valigia a testa con i nostri vestiti, più il grosso dizionario di nostro Padre, che ci passiamo quando abbiamo le braccia stanche.
TRILOGIA DELLA CITTÀ DI K.
di Agota Kristof
Editore: Einaudi
Anno 1ª edizione: 1998
Titolo originale: Trilogie des jumeaux
384 pagine
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Voto
★ ★ ★ ☆ ☆
Il romanzo, composto da tre parti – Il grande quaderno, pubblicato nel 1986, La prova del 1988 e La terza menzogna del 1991 – racconta la travagliata storia di due gemelli, Lucas e Claus che nel primo volume vengono lasciati dalla madre alla nonna per potergli garantire la sopravvivenza dalla guerra. In una casa povera, sporca e diroccata – in una città non meglio identificata se non per la sua collocazione ai confini con la frontiera – i due bambini sono letteralmente abbandonati a loro stessi. La nonna, un pò per l’età un pò per indole, restia a manifestare qualsiasi affetto ed emozione, non mostra mai un reale interesse nei loro confronti, lasciandoli così liberi di crescere senza vincoli e regole. Lucas e Claus – anagramma l’uno dell’altro – sperimentano ogni forma di violenza in un mondo che ha perso la bussola della ragione.
Il primo libro – che doveva essere l’unico e pertanto è autoconclusivo – si conclude con i due fratelli che si separano: uno riesce a superare il confine e del quale, fino a metà dell’ultimo libro, non sappiamo più nulla; l’altro invece continua a vivere nella casa della nonna e del quale continuiamo a conoscerne la storia fino alla fine del libro. La storia raccontata dalla Kristof ha, per sua ammissione, un fondamento autobiografico e per comprendere a fondo questo romanzo non si può prescindere dall’analizzare la vita della stessa scrittrice
Agota Kristof nata nel 1935 in un villaggio dell’Ungheria dove visse fino al 1956 quando, insieme al marito e alla figlia, scappa in Svizzera per sfuggire alla repressione sovietica. Da questa esperienza e dalla guerra mondiale vissuta insieme al fratello, nasce l’idea di raccontare l’infanzia travagliata di questi due gemelli lasciati in balia di sé stessi in un contesto violento, povero, in cui forti sono i temi della sessualità, della morte, del possesso, la nostalgia, la solitudine.
Sono convinto, Lucas, che ogni essere umano è nato per scrivere un libro, e per nient’altro. Un libro geniale o un libro mediocre, non importa, ma colui che non scriverà niente è un essere perduto, non ha fatto altro che passare sulla terra senza lasciare traccia.
L’aspetto autobiografico sebbene renda più credibile quanto la Ktistof racconta, non è riuscito però a creare – a mio parere – una storia credibile. Gli ultimi due volumi soprattutto raccontano due versioni della stessa storia diverse, contrastanti e per certi versi non credibile. Tutto questo è reso attraverso una scrittura essenziale, asciutta priva di ogni effusione sentimentale. Anche per questa sua caratteristica il romanzo ha delle parti in cui sembra procedere per singhiozzi: frasi brevi, semplici, essenzialissime.
Trilogia della città di K è uno di quei romanzi che non finisce tra i miei preferiti ma neppure nel dimenticatoio. Non posso dire che sia brutto in maniera assoluta perchè in fondo mi ha intrigato e ho desiderato – nonostante tutto – leggerlo fino alla fine per capire quale fosse l’intento della scrittrice, ma non riesco a riconoscerne il valore letterario.
Ve lo consiglio? Si, perchè il mio gusto può essere diverso dal vostro e ciò che a me non è piaciuto potrebbe invece rivelarsi il vostro libro preferito.