“LA MEMORIA RENDE LIBERI” di Enrico Mentana e Liliana Segre | recensione

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Il 5 settembre 1938 ho smesso di essere una bambina come le altre. Prima di allora, essere ebrea significava per me venire esonerata dall’ora di religione: mentre tutte le alunne restavano in classe, io e quattro o cinque compagne correvamo libere nel corridoio.

Il mio proposito di leggere e approfondire meglio l’olocausto non poteva prescindere dalla conoscenza – quasi obbligata – della testimonianza di Liliana Segre, una sopravvissuta di Auschwitz che nel 2018 è stata proclamata senatrice a vita della Repubblica Italiana.

Il libro, introdotto magistralmente da Enrico Mentana, raccoglie la testimonianza della Segre dalla promulgazione delle leggi razziali nel 1938 al suo internamento in Polonia nel 1944. Il suo racconto però va oltre gli orrori del campo e si allunga sui giorni della liberazione, sui mesi trascorsi con gli americani, sul viaggio di ritorno in Italia e sulla sua vita fino ai giorni nostri.

la memoria rende liberiLA MEMORIA RENDE LIBERI
di Enrico Mentana e Lilina Segre

Editore: Rizzoli
Anno 1ª edizione: 2015
Sottotitolo: La vita interrotta di una bambina nella Shoah
225 pagine

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Voto
★ ★ ★ ★ ★


A differenza di Primo Levi, il racconto della senatrice si differenzia per lo sguardo con cui visse la Storia. Liliana, infatti, era appena una tredicenne quando fa il suo ingresso ad Auschwitz. Una ragazzina che fino a quel momento aveva vissuto a Milano in una famiglia borghese che non le aveva fatto mancare nulla. All’improvviso si ritrova sola, – il padre viene ucciso all’arrivo al campo – all’inferno, tra gente sconosciuta, di paesi e lingue diverse. Nonostante la sua giovane età comprende subito che deve adattarsi alle regole del campo e, suo malgrado, è costretta a crescere velocemente. Questa precoce maturazione si manifesta dopo la liberazione quando ritorna finalmente a Milano dai nonni e dagli zii. Presto comprende che con loro non può confidarsi perchè Auschwitz era un argomento troppo grande. Per anni Liliana Segre racconta di aver dovuto fare i conti con persone, tante persone, che non volevano parlare delle proprie esperienze, la guerra era diventato un argomento tabù. In molti desideravano solo dimenticare.

Nel mondo che mi circondava sentivo che era impossibile parlare del lager. E mi imposi il silenzio. Tutti avevano qualcosa da raccontare e non avevano la minima voglia di ascoltare i racconti degli altri. La gente voleva dimenticare la guerra. Il Nord Italia aveva subito cinque anni di bombardamenti, la Guerra civile, l’occupazione nazista…Chiuso quel sanguinoso capitolo, nessuno voleva più sentirne parlare. Si ballava da tutte le parti e i nuovi negozi venivano presi d’assalto: la gente voleva divertirsi.

Se in Se questo è un uomo colpisce la minuziosa descrizione del campo, delle sevizie e della terribile quotidianità degli internati, in La memoria rende liberi mi ha colpito la narrazione del dopo. Liliana racconta con grande delicatezza e umanità le difficoltà incontrate nel suo cammino di riadattamento alla “normalità”. Un percorso difficile e lungo che è riuscita a compiere grazie all’amore del marito, un uomo che l’ha sempre sostenuta e incoraggiata. Un uomo che, a differenza dei nonni, non l’ha mai giudicata per la sua tendenza ad ingrassare perchè se all’inizio doveva placare letteralmente i morsi della fame – a ridosso dalla liberazione – negli anni quel senso di appetenza è rimasto imprigionato nella sua testa. Una testa che non ha mai dimenticato il campo, quel ricordo terribile le è rimasto impresso nel cuore e sulla pelle sotto forma di tatuaggio numerico. Ma ad un certo punto il corpo e la psiche hanno ceduto e Liliana ha vissuto moltissimi anni in preda ad una profonda depressione che le ha dato, però, la possibilità di capire quanto urgente fosse la necessità di raccontare. E così dopo una lenta ripresa ha iniziato a portare in giro per l’Italia la sua testimonianza…e da allora non si è (per fortuna) più fermata.

Mi dicevo: «C’è un mondo che parla di cose che io ho visto con i miei occhi, e io non ho il coraggio di dire la mia? Ma io sono una testimone, ho una responsabilità diretta nel tramandare la mia storia

Liliana SegreRicordate la Kate anziana del film Titanic che racconta la sua esperienza? Ricordate la sua voce dolce, precisa, calda eppure vigorosa e decisa? Ebbene mentre leggevo questo romanzo, scritto in prima persona, nella mia testa si è materializzzata quella voce che con grande umiltà e dolcezza racconta il suo tragico passaggio all’età adulta in un campo di lavoro.
Oltre che consigliarvi la lettura di questa preziosissima testimonianza, che ho amato soprattutto per il racconto di ciò che accadde dopo la fine della guerra, non posso che consigliarvi di vedere anche i tanti video della senatrice e di ascoltare dalla sua dolcissima voce il racconto della sua vita.

Ormai era primavera e, nonostante la cattiveria degli uomini, la natura era rifiorita. Dentro era grigio – le facce, le baracche, le divise -, ma oltre i reticolati vedevamo gli alberi, i prati verdi. Noi diamo sempre tutto per scontato, e per questo chiedo ai giovani di soffermarsi un momento sulla bellezza della natura, che a dispetto di tutto quello che succede nel mondo non smette mai di esserci.

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