Il Signore delle Mosche di William Golding è stato il libro di Aprile del gruppo di lettura “I 100 libri di Dorfles“. Un romanzo che negli anni del liceo mi è stato imposto come lettura obbligatoria e in lingua, due elementi che hanno finito per farmi odiare il libro e che, ovviamente, hanno annullato del tutto il piacere della lettura.
Quando Chiara, la blogger che gestisce il gruppo, ha deciso di leggere Il Signore delle Mosche sono stata felice di riprendere in mano un romanzo così famoso ed istruttivo, l’opera di maggior successo di William Golding, Premio Nobel per la Letteratura nel 1983.
La trama a grandi linee è molto semplice, ma ciò che la rende particolare e molto singolare, è la ricchezza di tematiche e il messaggio metaforico intessuto tra le righe.
Il romanzo racconta, infatti, il naufragio di un gruppo di ragazzini inglesi che si ritrovano soli e sperduti su un’isola deserta. Ai loro occhi un luogo paradisiaco: acqua cristallina, clima tropicale, frutta in abbandanza e solitudine.
Superata l’inizale euforia i ragazzi comprendono la necessità di organizzarsi per la sopravvivenza e di imporre delle leggi per una pacifica convvivenza. In questo clima le due personalità più formate si impongono come leader Ralph e Jack. Il primo incarna il capo moderato, riflessivo ma autorevole; il secondo, invece, si impone con violenza risultando autoritario e dispotico.
IL SIGNORE DELLE MOSCHE
di
Editore: Mondadori
Anno 1ª edizione: 1954 (1958 in Italia)
Titolo originale: The Lord of the Fles
277 pagine
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Voto
★★★★☆
Con il passare dei giorni il gruppo dei ragazzi comincia a separarsi seguendo ora l’uno ora l’altro capo. Ralph fin dall’inizio propone – giustamente – di accendere un grande fuoco affinchè il fumo generato possa essere visto da lontano e in tal modo richiamare l’attenzione di qualunque nave. Jack, invece, fin da subito mostra il suo lato malvagio e propone di dedicarsi alla caccia dei maiali – di cui l’isola abbonda – la cui carne è necessaria alla sopravvivenza. Il gruppo non solo inizia a dividersi sotto la guida dei due leader ma inzia a circolare la voce della presenza sull’isola di una bestia malvagia. I ragazzi si abbandonano alle proprie paure e ai propri istinti diventando, a tutti gli effetti, dei selvaggi. Cominciano a trascurare così i propri doveri si abbandonano al gioco e al divertimento, e , soprattutto, smettono di costruire i rifugi e di tenere acceso il fuoco.
Il gruppo capeggiato da Jack perde del tutto il senso della ragione e si organizza come una vera tribù indigena. Iniziano e dipingersi il viso e il corpo, si dedicano esclusivamente alla caccia e cominciano a praticare danze e riti tribali spinti da una primitiva e selvaggia superstizione. Per esorcizzare la paura e per placare l’ira della fantomatica “bestia”, Jack infilza ad un palo la testa di una scrofa che offre in sacrificio alla bestia stessa. La testa comincia subito a marcire e a riempirsi di mosche – da qui il titolo Il Signore delle Mosche – diventando il simbolo del male che anima l’isola.
Jack tirò su le gambe, abbracciò le ginocchia, e corrugò la fronte nello sforzo di esprimersi con chiarezza.
«Eppure… nella foresta… Voglio dire quando si va a caccia, non quando si va per frutta, naturalmente, ma quando si è da soli…»
Si fermò un momento, non sicuro che Ralph lo prendesse sul serio.
«Va avanti.»
«Quando si va a caccia, certe volte si ha quasi l’impressione di…»
Arrossì di colpo.
«Non c’è niente di vero, naturalmente. Solo un’impressione. Ma sembra che invece di andare noi a caccia, ci sia… qualcuno che dà la caccia a noi. Come se ci fosse sempre qualcuno che c’insegue, nella giungla.»
L’uomo produce il male come le api producono il miele.
Il signore delle mosche è un romanzo dal contenuto forte facilmente comprensibile. Pertanto, non posso che essere d’accordo con tutti quegli insegnanti che consigliano questa la lettura ai ragazzi di scuola media e superiore. Golding, infatti, riesce a catturare l’attenzione fin dalle prime pagine e spiega in maniera eccelsa i meccanismi contorti della malvagità umana. Un ragazzino non fatica a comprendere quale sia il significato allegorico della storia, mentre un adulto si trova di fronte una malvagità ingiustificata e – come è successo a me – a porsi domande sulle nuove generazioni. Perchè è vero che il romanzo racconta di un naufragio, di un’isola deserta e di una testa di scrofa su un palo che certo sono lontani dalla nostra realtà, ma una domanda mi è venuta naturale pormi: il bullismo di oggi nelle scuole – giusto per fare un esempio – è tanto diverso dalle malvagità compiute dai “selvaggi”? Può Goldin avere un pò di ragione quando afferma che l’uomo è capace di qualsiasi atto violento, anche quando non è ancora adulto?
Buona Lettura,
2 pensieri riguardo ““IL SIGNORE DELLE MOSCHE” di William Golding|recensione”